DOCUMENTO PROGRAMMATICO
INTRODUZIONE
L’Associazione dei Dirigenti dell’Ospedalità Non Profit si è costituita nel 2003 attorno ad un nucleo ideale che trae le sue origini dalla tradizione cattolica dell’impegno nel sociale ma trova forza e vitalità nel perseguimento dell’obiettivo di salvaguardare e potenziare le istituzioni sanitarie d'ispirazione religiosa in un momento di profonda trasformazione istituzionale e culturale. Scopo di queste riflessioni è la volontà di elaborare idee e strategie che possano contribuire a facilitare l’individuazione dei tratti salienti del settore sanitario non profit di cui la matrice religiosa è parte dominante.
1. Radici cristiane delle istituzioni sanitarie non profit.
La Chiesa nel corso dei secoli ha fortemente avvertito il servizio ai malati come parte integrante alla sua missione”1[1]. N'è segno eloquente l’attenzione spontanea prodottasi nella comunità cristiana primitiva, sin dalle sue origini, nei confronti dell’assistenza medica, gratuita e volontaria, aperta ad ogni sofferente, ispirata dall’amore di Dio, cioè dalla carità. Nacquero in tal modo gli ospedali proprio all’inizio del cristianesimo la cui radice evangelica è presente nelle diaconie di fondazione apostolica e nelle forme d'ospitalità offerte già presso i monasteri sia in Oriente sia in Occidente2[2].
Anche se la progressiva laicizzazione delle istituzioni sanitarie, intervenuta nel corso dei secoli, ha teso a sottrarre alla Chiesa un compito, ritenuto da alcuni, di supplenza, Essa non ha mai inteso venir meno alla propria missione, anzi è rimasta presente all’interno degli ospedali pubblici con il proprio personale religioso per l’assistenza spirituale e spesso anche per l’assistenza diretta ai malati. Di più, Essa ha avvertito come suo indeclinabile dovere il compito di restare accanto agli infermi, coinvolgendosi in prima persona nella loro cura anche attraverso istituzioni sue proprie. L’assistenza ai malati, difatti, non è mai per la Chiesa una missione di mera supplenza ma attuazione precisa del comando di Gesù: “curate infirmos” (Mt 10,7), che la obbliga a mantenere il proprio impegno con e tra i malati, quale espressione originale dell’amore di Dio per gli uomini.
Si è verificata così una duplice presenza, complementare, della Chiesa nel mondo della Sanità: nell’ospedale civile, attraverso l'attività svolta dai religiosi, ed ancor più direttamente nelle istituzioni sanitarie cattoliche, chiamate a testimoniare l’impegno nell’azione caritativa e di promozione umana da parte della comunità cristiana3[3] che esprime la presenza diagonale della Chiesa accanto agli infermi, ai loro familiari e a tutti coloro che li assistono, in forme che si estrinsecano anche a vari altri livelli di partecipazione attiva: associazioni, movimenti, organizzazioni non governative.
Se, difatti, la salute non è un mero fatto biologico bensì un valore che deve essere salvaguardato all’interno del sistema dei valori d'ogni gruppo sociale ed in ogni momento storico, la partecipazione responsabile e solidale nella gestione della salute è un compito che non può non riguardare anche la Chiesa. La ricerca e la tutela dell’efficacia, dell’efficienza, dell’effettività e dell’equità del sistema sanitario è responsabilità di tutti.
E la Chiesa, per favorire tale nuova coscienza sociale di partecipazione responsabile e solidale, desidera offrire il proprio contributo anzitutto mediante l’illuminazione evangelica della cultura della salute e l’orientamento etico del mondo dell’assistenza sanitaria. A tal fine Essa richiama il primato dell’etica sulla tecnica, collaborando così, in modo efficace, alla creazione di una cultura della salute più umana, capace di considerare l’uomo nella pienezza della sua vita, spirito e corpo nell’unità della persona.
Inoltre promuove un’assistenza sanitaria che tuteli i diritti e difenda la dignità d'ogni essere umano la quale s'illumina nello spirito ma tocca, imprescindibilmente, la dimensione della corporeità.
Rilevando le insufficienze e le mancanze esistenti nel sistema sanitario la Chiesa sente, tra le altre, come sua anche la missione di supplire a tali mancanze non solo stimolando tutte quelle iniziative che cercano di porvi rimedio, ma anche collaborando nell’offerta di servizi sociali e sanitari, in particolare, facendo in modo che le cure e i servizi offerti a suo nome dalle istituzioni sanitarie cattoliche siano eccellenti per la qualità della ricerca scientifica e delle tecniche terapeutiche ed assistenziali, cosciente come la competenza professionale sia, ai nostri giorni, la prova più convincente della carità evangelica4[4].
La drastica diminuzione nel numero delle vocazioni avutasi in varie Congregazioni religiose, specialmente in quelle che offrono cure mediche specializzate, motiva la difficoltà sempre maggiore di gestire direttamente le loro istituzioni. A causa della mancanza di personale religioso disponibile, le istituzioni sanitarie non profit, possono vedersi garantita la possibilità della loro sussistenza futura solo prevedendo un maggior coinvolgimento diretto dei laici che vi operano e che ne condividono i valori e le finalità.
Ciò comporta la promozione di nuove modalità di relazione tra religiosi e laici. I religiosi, nel ministero sanitario loro proprio, sono sollevati dalla gestione di attività secolari suppletive per occuparsi di testimoniare i valori escatologici. E i laici, partecipando con il loro lavoro alla missione sanitaria della Chiesa, secondo modalità che corrispondono al proprium della loro vocazione laicale, che... (scaricare il documento originale per il testo completo)
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